c. Borisa Kidriča 37c, Slovenski Javornik – Jesenice, SLOVENIJA – EU. Za obisk v pisarni je potrebna predhodna najava na email: info@alpeadriagreen.com ali na GMS: 051 311 450

TRIESTE: NORMALI CASI DI (IN)GIUSTIZIA COME CONDANNARE GLI AMBIENTALISTI “CATTIVI”


TRIESTE: NORMALI CASI DI (IN)GIUSTIZIA

COME CONDANNARE GLI AMBIENTALISTI “CATTIVI”

Nel 2003 presentai alla Procura della Repubblica di Trieste un esposto su un rilevante illecito urbanistico del Comune di Muggia, essendovi allora sindaco l’arch. Lorenzo Gasperini (Forza Italia).

L’illecito consisteva nella ricezione ed adozione del Piano Regolatore Particolareggiato (PRPC) d’iniziativa privata “Parco Commerciale Flavia” presentato dalla società M.C.C. s.r.l., con sede in Villorba (Treviso) in violazione della L.R. n. 52/1991, art. 49, poiché proposto da soggetto (la M.C.C. s.r.l.) che non disponeva dei 2/3 del valore delle aree e degli edifici dell’ambito di intervento (ma soltanto 1/8 delle superfici), senza concorso né assenso degli altri proprietari.

Si trattava di un intervento attorno al quale ruotavano cospicui interessi speculativi privati, ad iniziare dalle progettazioni, dagli appalti e dalle forniture.

L’esposto penale era stato reso necessario dal fatto che l’amministrazione comunale aveva anche omesso di inoltrare ai Consiglieri una segnalazione dell’illecito depositata prima del voto, di modo che essi approvarono il PRPC all’unanimità confidando nella regolarità attestata dalla Commissione Edilizia Integrata, che avrebbe dovuto invece già rilevare preliminarmente l’illecito.

La Commissione era composta dal Sindaco arch. Gasperini, che si era riservato la delega di assessore all’urbanistica, e da funzionari ed altri professionisti del settore: architetti, ingegneri e geometri, anche in rappresentanza dei rispettivi Ordini professionali.

La formazione del progetto risaliva inoltre alla precedente amministrazione del sindaco Roberto Dipiazza – imprenditore di supermercati divenuto sindaco di Trieste – essendone già assessore all’urbanistica lo stesso arch. Gasperini, noto protagonista professionale e politico del settore.

L’arch. Gasperini risulta avere subito condanne per violazione delle norme di controllo dell’attività urbanistico-edilizia e di tutela delle zone di particolare interesse ambientale, nonché per distruzione di bellezze naturali, e rinvio a giudizio per falsità ideologica in atto pubblico per errate asseverazioni urbanistiche; risulta poi avere ricevuto incarichi di consulente per progetti urbanistici realizzati nel Comune di Muggia (nonostante fosse contemporaneamente un pubblico amministratore in carica).

Contemporaneamente all’esposto penale indirizzai una segnalazione documentata dei fatti alle Amministrazioni comunale e regionale nonché agli Ordini professionali coinvolti, chiedendo provvedimenti adeguati alla natura e gravità del caso.

L’esposto alla Procura venne archiviato nonostante mia opposizione, ed io venni querelato per diffamazione aggravata dal Sindaco-assessore e dagli altri membri della Commissione.

La querela riguardava però soltanto l’esposto alle Amministrazioni ed agli Ordini competenti, e non quello penale.

La Procura assegnò anche questo procedimento allo stesso PM, che delegò le indagini e la citazione a giudizio allo stesso ufficiale di P.G. (indaganti quindi su proprie stesse indagini), i quali nel procedimento a carico dei querelanti per l’illecito urbanistico ne avevano accreditata l’asserita inesistenza omettendo di verificarla, ed avevano pertanto un proprio rilevante interesse a confermarla nel nuovo procedimento senza nuove indagini.

Su tali basi il sottufficiale di P.G.delegato rinviò arbitrariamente ed erroneamente a giudizio l’indagato davanti al Giudice di pace invece che al Giudice monocratico per fattispecie non incluse ed anzi negate in querela.

Il procedimento venne assegnato ad un GdP, l’avv. Umberto Ercolessi, che non se ne astenne pur essendo stato notoriamente candidato sindaco nella stessa provincia per lo stesso schieramento politico (Polo delle Libertà) del sindaco Gasperini, della sua amministrazione e di altri querelanti.

Il ruolo di PM venne affidato al nucleo PG della Polizia Urbana di Trieste, cioé a dipendenti amministrativi del sindaco Dipiazza, predecessore, già assuntore e sodale del Gasperini.

La situazione ambientale anomala delineata dai fatti sin qui esposti appare confermata dalle circostanze che inspiegatamente il primo difensore dell’imputato, (noto esponente politico locale e regionale) depositò fuori termini la lista dei testi a difesa, e chiese al Giudice di determinare direttamente il risarcimento civile in subordine alla condanna (favorendo così i querelanti).

L’istruttoria dibattimentale si svolse perciò con l’audizione dei soli testi del PM, gli stessi querelanti.

All’imputato venne negata la prova liberatoria della verità del fatto (l’illecito urbanistico) benché dovuta (art. 596, comma 3°, n. 1 c.p.) ed espressamente invocata.

Il procedimento penale si svolse con verbalizzazione irregolare, sommaria ed omissiva, ove non vennero nemmeno trascritte le dichiarazioni dell’imputato all’udienza conclusiva (in assenza di qualsiasi altra forma di registrazione probatoria).

In esito a quanto sopra il Gdp emise sentenza fuori competenza, su capo d’imputazione diverso ed anzi contrario a quello in querela ed in violazione plurima dei diritti della difesa, condannando l’imputato, con le attenuanti generiche, al pagamento della multa, delle spese processuali e del risarcimento del danno morale e delle spese di costituzione di ciascuna delle parti costituite, per un ammontare complessivo di circa 28.000 euro.

La sentenza venne confermata dal Tribunale di Trieste in appello monocratico, ove la prova della verità venne concessa ma incredibilmente disattesa assieme alla carenza di giurisdizione.

Come si indirizza un processo? Basta far sparire i documenti scomodi

Gli accertamenti difensivi svolti nel tempo hanno anche portato alla scoperta di conduzioni anomale anche nell’indagine penale sull’illecito urbanistico a due livelli concorrenti.

Le indagini di P.G. risultano infatti consistite (come documentatamente in altri casi da parte degli stessi organi di P.G.) nell’acquisire ed accreditare senza verifiche dichiarazioni false e reticenti di parte indagata che negavano l’illecito urbanistico.

Successivamente è stata inoltre riscontrata la totale assenza nel fascicolo, anche per numerazione degli atti, della mia opposizione all’archiviazione.

Gli accertamenti perciò richiesti alla Cancelleria hanno rivelato che l’atto di opposizione da me depositato in termini era stato inserito in altro fascicolo relativo ad un altro mio esposto sulle irregolarità di un progetto di sviluppo turistico (Muia Turistica).

Per il che il GIP archiviò sia il primo procedimento (numero RG 3540/03 relativo al caso MCC) in fittizia assenza di opposizione, sia il secondo procedimento (numero R.G. 3541/03 relativo al caso Muia Turistica) poiché l’opposizione in atti non riguardava quel procedimento. Gli atti vennero ritrasmessi al PM che pur in presenza della contestazione del GIP non provvide a disporre la reintegrazione dell’atto oppositivo al fascicolo di pertinenza per sanarne l’archiviazione illegittima.

Ma a fronte della mia richiesta alla Cancelleria di certificare un tanto per iscritto il P.M. le ha restituito l’atto con la notazione manoscritta “N.P.”: non procedere.

Questa sequenza di comportamenti giudiziari invero sorprendenti ed a più livelli ha in sostanza eluso ovvero impedito l’accertamento doveroso in sede penale dell’illecito urbanistico la cui prova mi è stata parallelamente impedita nel procedimento di primo grado nei miei confronti e disattesa in appello dal giudice monocratico.

Così consentendo sia l’impunità degli influenti responsabili dell’illecito, sia la mia ingiusta condanna per averlo denunciato.

Un sistema di malgoverno può prosperare a danno della collettività solo grazie all’omertà.

Quanto sopra esposto non può che destare legittime preoccupazioni anche alla luce della situazione ambientale del capolugo del Friuli Venezia Giulia dove, a fronte di un gravissimo inquinamento del territorio, si è dovuto assistere ad una sostanziale inerzia da parte dell’autorità giudiziaria. Inerzia ostacolata solamente dagli interventi (doverosi) di pochi ambientalisti trovatisi però molto rapidamente al centro di numerose azioni giudiziarie ai limiti della intimidazione.

Nessun responsabile delle decine di discariche che hanno devastato la piccola provincia di Trieste dal mare al Carso (basti pensare alle decine di grotte – circa 200 alcune con laghi di nafta formatisi a seguito degli scarichi – seppellite dai rifiuti industriali) è stato mai individuato e quindi condannato.

Invece gli ambientalisti che hanno denunciato inquinamenti e responsabili hanno subito numerosi rinvii a giudizio e, come si vede, alla fine anche le condanne.

E per finire sotto processo da queste parti, se ti trovi contro il sistema omertoso, basta decisamente poco.

E’ sufficiente ad esempio segnalare pubblicamente la pericolosità di un parco giochi per bambini sotto il quale è stata occultata una discarica di rifiuti tossico nocivi. Immediatamente i responsabili dell’inquinamento ti querelano per diffamazione e tu vieni rinviato a giudizio mentre loro – gli inquinatori – se la cavano senza problemi (nessun processo e la discarica rimane lì occultata sotto il parco giochi perché l’autorità giudiziaria ritiene che non sia di sua competenza l’intervento).

Oppure chiedere l’accesso ad atti pubblici relativi a progetti di urbanizzazione ai danni dell’ambiente (la solita cementificazione selvaggia che fa girare molti soldi). In questo caso vai a finire sotto processo per interruzione di servizio pubblico (con le tue richieste hai disturbato l’attività della pubblica amministrazione).

E, visto che tu sei fuori dal sistema, oltre a non potere avere spazio sui media locali devi anche stare zitto quando ti denigrano pubblicamente. Se un giornale pubblica una notizia falsa nei tuoi confronti non hai infatti diritto alla replica e se ti rivolgi al Tribunale come prevede la Legge sulla stampa oltre a vederti respingere la richiesta vieni pure condannato a pagare le spese a favore dell’organo di disinformazione.

Questa è solo una parte di quanto noi abbiamo dovuto subire e stiamo subendo per difendere i diritti della collettività.

E questi comportamenti persecutori non fanno certo onore alle istituzioni di un Paese democratico.

Come reagire agli abusi dei poteri forti: creare una rete di legalità

Solo facendo conoscere queste situazioni possiamo sperare di creare una breccia in un sistema che si fa scudo dell’indifferenza della gente.

Un modo efficace per reagire inoltre è certamente quello di esercitare i propri diritti di cittadini europei denunciando le storture del “sistema Italia” alle Istituzioni comunitarie.

Creare insomma una rete di legalità per opporsi all’illegalità dilagante nel nostro Paese. Una rete basata sulla rete. Lo scambio di informazioni può avvenire molto rapidamente ed efficacemente utilizzando internet e ognuno può mettere a disposizione degli altri aderenti alla rete della legalità le proprie competenze. Si tratta di essere più operativi possibili. Individuare il problema e intervenire per risolverlo.

Quali sono le Istituzioni comunitarie a cui si possono rivolgere i cittadini per chiedere il rispetto dei loro diritti calpestati dallo Stato? Il Parlamento Europeo, la Commissione Europea e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. E’ possibile inoltre, per la violazione dei fondamentali diritti umani, rivolgersi all’ONU e alle sue strutture.

Quali sono i diritti la cui negazione costituisce motivo di ricorso? Tutti quelli riconosciuti dal Trattato istitutivo della Comunità Europea e dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo. Ambiente, salute, lavoro, uguaglianza, giustizia, sono materie che rientrano in questo ambito.

La Giustizia europea prevede che tutti i cittadini siano uguali davanti alla Legge e che tutti possano avere un equo processo (concetti non molto chiari in Italia). Tra le garanzie fondamentali assicurate ai cittadini dalla giustizia europea vi è anche quella sulla la responsabilità dei magistrati (negata in Italia in violazione peraltro della stessa Costituzione).

Una base della “rete” esiste già a Trieste rappresentata dalla nostra associazione (Greenaction Transnational) transnazionale per la difesa dell’ambiente e dei diritti civili (sito internet: http://www.greenaction-planet.org) i cui componenti da anni si battono contro le ecomafie del nord est (che per gli organi di informazione nemmeno esistono).

Roberto Giurastante